Chirurgia della Mano
Intervento per Dito a Scatto
Il dito a scatto, o tenosinovite stenosante è una patologia infiammatoria dei tendini flessori della mano, nel passaggio all’interno del canale digitale, che provoca una limitazione del movimento delle dita.
Il canale digitale è composto da una serie di pulegge, una specie di anellini entro cui decorrono i tendini flessori: quando il dito si flette il tendine si muove all’interno del canale, quando si infiamma sfrega contro le pulegge peggiorando così l’infiammazione. Nel tempo il tendine aumenta di dimensione e passa con sempre maggiore difficoltà attraverso la puleggia alla base del dito, per cui si verifica il tipico movimento a scatto”,
Nella prima fase della malattia il paziente prova solo dolore, successivamente si aggiunge il tipico scatto, fino ad arrivare all’ impossibilità di piegare completamente il dito.
Azioni anche banali, come tagliare le verdure o tirare su e giù le tapparelle, provocano un forte dolore. Spesso al risveglio il paziente si trova con un dito che resta chiuso, e per aprirlo dovrà aiutarsi con l’altra mano, di solito sentendo molto dolore. Nelle fasi più avanzate, il dito si blocca, non si piega più, e rimane in una posizione leggermente flessa”.
La diagnosi è clinica: la flessione del dito interessato provoca un franco scatto accompagnato da dolore alla base del dito.
Nelle fasi iniziali possiamo ricorrere a trattamenti conservativi, come i tutori dinamici cui si associano nelle forme più gravi infiltrazioni di cortisone. Quando non si ottengono i benefici sperati o quando la patologia è già in uno stadio avanzato è necessario l’intervento chirurgico che risulta essere risolutivo.
Si tratta di un’operazione mininvasiva, in anestesia locale, di circa cinque minuti. Si effettua una piccola incisione alla base del dito e si apre la prima puleggia ove passa il tendine. A seguito dell’operazione viene interrotto il meccanismo che fa persistere l’infiammazione e il dito riprende la sua normale mobilità.
Intervento per Tunnel Carpale
La sindrome del tunnel carpale è la neuropatia periferica più frequente e più nota dovuta alla compressione del nervo mediano all’interno del canale o tunnel carpale: esso è formato dalle ossa del carpo e dal legamento trasverso del carpo ( LTC ).
La patologia è causata da un “aumento della pressione” all’interno del canale carpale, questa comprime il nervo, causandone la sofferenza e la riduzione della trasmissione nervosa. Ne sono affette soprattutto le donne in post-menopausa, i soggetti che hanno attività lavorative ripetitive usuranti per le mani, ma esiste anche una forma idiopatica di cui non si conosce la causa. Anche la gravidanza e i cambiamenti ormonali che ne conseguono possono essere un fattore scatenante.
La sintomatologia è tipica: inizialmente si avvertono parestesie, bruciore, formicolii notturni al palmo e alle prime tre dita della mano: pollice, indice e medio. Spesso il paziente si deve alzare dal letto o scuotere le mani, shaking, per stare meglio, mentre di giorno le parestesie compaiono se il nervo va in stress come quando si tiene il telefono in mano, si stira, si va in bicicletta o si esegue un’attività lavorativa impegnativa per la mano.
Con il tempo la situazione peggiora, compare il dolore e spesso diminuisce la forza, ma sempre si ha una importante perdita di sensibilità. Il paziente riferisce di non sentire bene le piccole cose e di non riuscire più ad abbottonarsi la camicia. Quando compare nel soggetto anziano la sintomatologia è rapidamente ingravescente e spesso bisogna ricorrere all’intervento chirurgico in tempi stretti perché il paziente soffre molto.
La diagnosi è essenzialmente clinica, ma deve essere confermata da un esame strumentale: l’Elettromiografia che misura le velocità di conduzione, sensitiva e motoria, del nervo mediano. Attualmente, nei casi dubbi, ci si avvale di un’altra metodica: l’Ecografia che valuta la morfologia del nervo lungo il suo decorso.
La terapia: nelle forme lievi ed iniziali si cura con integratori che migliorano la conduzione nervosa. Si possono anche eseguire infiltrazioni con corticosteroidi, ma solo nei pazienti che hanno molto dolore in attesa dell’intervento chirurgico, o quando questo è controindicato per patologie concomitanti. Quasi sempre si arriva all’intervento di decompressione chirurgica del nervo che è il trattamento efficace e definitivo.
L’intervento consiste nella sezione del ligamento trasverso del carpo che comprime il nervo, può essere fatto con varie tecniche, ma la preferita, che comporta numerosi vantaggi per il paziente, è la mini-open al polso in anestesia wide-awake. Con una piccola incisione alla piega del polso, “mini-open” lunga un cm circa, si esegue la sezione del legamento. In questa zona non vi sono strutture “nobili”; quindi, si evitano molte delle sequele post-operatorie, come dolore ed intorpidimento alla mano, pillar pain, che a volte durano mesi e che spesso scoraggiano i pazienti a sottoporsi all’intervento.
L’altro grande ed insostituibile vantaggio è l’anestesia wide-awake: essa crea una ottimale vasocostrizione che permette di operare senza l’utilizzo del laccio emostatico evitando, così, il grande disagio e dolore al paziente durante l’operazione. La sutura cutanea intradermica della ferita conclude l’intervento, quindi senza punti esterni che debbano essere successivamente rimossi e il paziente va a casa con un semplice cerotto. L’effetto anestetico dura circa 6 ore e, quasi sempre, non sono necessari antidolorifici.
Da subito deve muovere la mano evitando sforzi eccessivi, dopo 5 gg torna per la medicazione e solitamente non servono ulteriori controlli. Non serve fisioterapia post-operatoria.
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